Celle solari: una nuova scoperta può migliorarne l’efficienza

Fino a che punto si può «far rendere» un pannello solare? I ricercatori del Los Alamos National Laboratory (Lanl ), nel Nuovo Messico, questa volta non propongono nuove forme di celle o innovative strutture in silicio, ma si sono concentrati sulle reazioni che avvengono a livello nanometrico all’interno delle celle stesse.

Utilizzando microscopici cristalli di minerali semiconduttori, infatti, è possibile ottenere maggiore elettricità a parità di quantità di luce, grazie a una tecnica chiamata «carrier multiplication».

PIÙ EFFICIENZA CON UN SOLO FOTONE – Una cella solare convenzionale libera un elettrone per ogni fotone di luce che la colpisce. L’elettrone a sua volta genera la corrente che viene incanalata nella rete elettrica. Nel processo però viene prodotta anche dell’energia in eccesso che si disperde sottoforma di calore. La «carrier multiplication», o Meg (Generazione di eccitoni multipli), permette di trasferire l’energia in avanzo a un altro elettrone, generando ulteriore corrente e rendendo quindi la cella più efficiente. Gli scienziati hanno dimostrato che questo potenziamento si può mettere in atto utilizzando nanocristalli di particolari semiconduttori che possiedano forti interazioni tra elettroni (tra questi anche il silicio e altri componenti utilizzati per le celle solari).

APPLICAZIONI FUTURE – Anche se le ricerche su questa materia vanno perfezionate, il futuro dell’applicazione della«carrier multiplication» alla conversione dell’energia solare sembra molto promettente. A questo scopo i nanocristalli sono risultati il materiale più efficiente per catalizzare l’energia solare, necessitando della metà di energia per generare un elettrone extra rispetto a solidi più grandi. Il prossimo obiettivo del Lanl, afferma Klimov, è produrre un materiale per le celle solari che, grazie alla moltiplicazione degli elettroni, «potrà incrementare il limite base di conversione di energia delle celle solari dal 31 per cento attuale a circa 40 per cento».

Fonte: Corriere.it

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