Cessione del quinto dello stipendio: occhio alla forma di prestito

Presso il CTCU sempre più numerosi i casi di dipendenti e operai che firmano contratti di cessione del quinto dello stipendio con clausole e condizioni “capestro”. Si tratta di veri e propri cappi al collo che possono durare anche molti anni con ripercussioni anche gravi sui bilanci familiari. Quando si sono firmati i contratti rimane poco da fare.

Bisogna pensarci prima e, se proprio si ha bisogno di soldi, meglio prima chiedere un preventivo e farlo visionare da esperti.

Il caso

Qualche giorno fa al CTCU si è presentato un operaio, che aveva sottoscritto con una nota società finanziaria un contratto di cessione del quinto dello stipendio che prevedeva: una richiesta di ca. 17.750 euro di capitale, interessi nominali per ca. 6.532 euro (TAN 5% per 10 anni), commissioni e costi accessori vari per 6.180 euro, uno stipendio complessivo “ceduto” pari a 30.480 euro da rimborsare con 120 rate mensili di 254 euro cadauna. In dieci anni il nostro amico deve rimborsare circa il 60% in più di quanto ricevuto a prestito.

E il caso non è il solo. Molti altri vengono segnalati quotidianamente al Centro. Si tratta, come detto, in genere di operai, impiegati, molto spesso cittadini migranti che magari non parlano sempre bene la lingua italiana e che lamentano di non aver capito a quali condizioni capestro stavano richiedendo il finanziamento.

I consulenti del CTCU constatano che, in effetti, molte volte vengono loro sottoposti casi quanto meno strani, in cui all’ignaro richiedente il prestito non vengono comunicati con trasparenza e chiarezza i termini e le condizioni effettive del prestito. “A volte viene indicato solo il tasso nominale, che di solito è molto più basso del tasso effettivo vero e proprio; altre volte si parla di una cifra da erogare “al lordo” di interessi, spese e commissioni, talchè il richiedente cade dalle nuvole, quando a fronte di un capitale richiesto di 100, questi si vede erogare solo il 60-70% della somma richiesta, mentre il resto gli viene comunque addebitato a titolo di interessi, spese e commissioni varie”.

Si tratta di usura?

Questa la domanda che viene sovente posta. Allo stato dell’attuale legislazione italiana non sempre può parlarsi di “usura” in termine tecnico. Esistono infatti due tipologie di “tasso effettivo” sulle quale misurare il costo complessivo del prestito; una è il cd. TAEG, che indica davvero la misura del costo complessivo del prestito “tutto incluso”; l’altra è il TEG, l’unica, allo stato della situazione, che rileva se un tasso possa considerarsi o meno di usura e che depura il TAEG dai costi di assicurazione (che ci sono sempre in questo tipo di prestiti e sono di tutto rispetto) oltre che da imposte, diritti e tasse. Nel caso di cui sopra il TAEG sarebbe di 12,59% ed il TEG di 10,11%.
Fino a che la legge non prescriverà che ai fini dell’usura vada inequivocabilmente preso il TAEG e basta, l’usura legalizzata non potrà essere eliminata.
In questo senso si attendono le norme di attuazione della Direttiva 2008/48/CE, che dovrebbero essere attuate dal 2010 anche in Italia; forse sarebbe utile non attendere quella data ed intervenire già ora con una novella della normativa.

Il consiglio

A tutti quelli che hanno effettive necessità di assumere un prestito sotto questa od altre forme di credito al consumo, prima di firmare qualsiasi contratto o richiesta di finanziamento, consigliamo piuttosto di richiedere un preventivo, nel quale vengano esposti a chiare lettere, tutti i costi palesi ed occulti del finanziamento stesso, nel rispetto delle norme di trasparenza bancaria peraltro già esistenti, ma troppo spesso violate. Una volta firmato il contratto è tardi; a maggior ragione se il richiedente ha già provveduto ad incassare l’importo del finanziamento. Insomma: prevenire è meglio che curare!

Nell’ambito del progetto “Rendiamoci Conto” il CTCU si occuperà di approfondire l’esame di casi simili. I consulenti del CTCU (Tel. 0471 975597) sono comunque sempre a disposizione per una valutazione dell’eventuale preventivo e per un primo esame dei contratti sottoscritti. Attenzione: dalla firma, molti contratti prevedono un termine di 15 giorni per l’esercizio dell’eventuale diritto di ripensamento – recesso.

Fonte: Centroconsumatori.it

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *