Piano Basilicata: 70 per cento di rinnovabili al 2020

Il Piano di indirizzo energetico-ambientale della Regione Basilicata, appena approvato, ribadisce il “no” al nucleare e punta su efficienza e rinnovabili. Obiettivi ambiziosi, ma anche limiti per i grandi impianti eolici e fotovoltaici. In Val D’Agri la creazione di un distretto energetico in cui si punti anche sulle rinnovabili

Uno “no” secco al nucleare e la dichiarazione di voler puntare a rinnovabili ed efficienza per superare il deficit energetico della regione. La conferma che la volontà nuclearista del governo si dovrà scontrare con le resistenze degli enti locali la si trova anche nel Piano di indirizzo energetico-ambientale appena approvato dalla Regione Basilicata.

La regione di Scanzano Jonico, il sito dove si volevano convogliare le scorie nazionali, infatti, dedica un’intera parte del piano, in cui programma la strategia energetica fino al 2020, a chiarire i motivi che la spingono a non voler avere nulla a che fare con l’atomo.“L’ipotesi di produrre o impiegare l’energia nucleare – si legge nel documento – non è compresa nelle ipotesi di sviluppo del sistema energetico della Regione Basilicata, non è altresì ritenuta possibile l’ipotesi che alcuna parte del territorio regionale possa ospitare un deposito di scorie nucleari anche superficiale, che accolga rifiuti nucleari provenienti da alcuna altra parte di Italia o del mondo.” Niente centrali, né tanto meno depositi, si spiega dunque nel piano, parlando dell’esperienza di Scanzano e delle problematiche dell’ex-impianto di riprocessamento ENEA ITREC in Trisaia (che ancora stocca delle scorie) e ribadendo i problemi irrisolti del nucleare.

La programmazione energetica della regione ruota invece intorno a quattro macro-obiettivi: “riduzione dei consumi e della bolletta energetica; incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili; incremento dell’energia termica da fonti rinnovabili; creazione di un distretto energetico nella Val d’Agri”. Per colmare il deficit di produzione energetica della Basilicata, pari, secondo Terna, al 51% dei fabbisogni interni – ha dichiarato in conferenza stampa l’assessore regionale all’ambiente Vincenzo Santochirico – si punterà sulle energie pulite: “vogliamo arrivare al 2020 capovolgendo gli attuali parametri raggiungendo il 70% di produzione energetica da fonti rinnovabili e il 30% dalle fonti tradizionali”.

Riguardo all’efficienza energetica l’obiettivo è di ridurre la domanda regionale per usi finali del 20% al 2020; l’incremento della produzione, invece, sarà ottenuto grazie alle fonti rinnovabili, soprattutto eolico e fotovoltaico, rispettivamente il 60 e il 20% della nuova potenza che si vorrebbe vedere installata, ma anche biomassa (15%). Nel piano poi si parla di interventi sulla rete elettrica per renderla idonea ad accogliere l’energia discontinua dei grandi impianti rinnovabili e sono previsti interventi di semplificazione amministrativa, come la possibilità di un’autorizzazione unica per impianti sotto il megawatt.

Ma per le fonti pulite ci sono anche dei paletti, soprattutto per gli impianti più grandi. Esclusi gli impianti per autoproduzione, quelli della Società Elettrica Lucana e del Distretto energetico, il tetto massimo per gli incrementi di potenza è fissato in 981 MW per l’eolico, 359 MW per il fotovoltaico, 50 MW per le biomasse e 48 MW per l’idroelettrico, per un totale di 1.438 MW. Grande eolico e grande solare (sopra i 1000 kW), ma anche gli impianti fotovoltaici più piccoli, se non integrati, infine sono sottoposti a regole severe e banditi da zone di interesse storico-naturalistico.

Infine, nella Val d’Agri, divisa tra la vocazione naturalistica e lo sfruttamento dei suoi giacimenti petroliferi, (con 37 dei 54 pozzi all’interno o a meno di un chilometro dall’aerea del parco naturale), il distretto energetico che si vorrebbe creare dovrebbe crescere anche attorno alle fonti alternative oltre che sull’oro nero. L’estrazione del greggio nella zona, che continua e continuerà, d’altra parte è da tempo criticata per gli impatti sull’ambiente e sulla salute umana.

Il protocollo di intesa tra Eni e Regione Basilicata, firmato nel 1998, prevedeva impegni reciproci per la salvaguardia del territorio, ma, a dieci anni di distanza – denuncia il WWF – molti punti dell’accordo sono rimasti solo sulla carta. Ad esempio restano ancora inadeguati la redazione del piano di sicurezza e di salvaguardia del territorio e il monitoraggio ambientale, effettuato finora da società gestite dall’ENI stessa.

Vedremo se nei prossimi mesi e anni il Piano di indirizzo energetico-ambientale della Regione Basilicata sarà adeguato sulla base della formulazione di un “burden sharing” regionale che l’Italia si dovrà apprestare a redigere in vista degli obiettivi del triplo 20 al 2020.

GM

Fonte: Qualenergia.it

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