Centrali nucleari in Italia? Dalla Sardegna arriva un secco no

Il futuro dell’energia in Italia è legato alle centrali nucleari? Forse arriveranno, ma di certo non succederà in Sardegna. L’esito del referendum per il quale, nella tornata elettorale di domenica e lunedì, ha votato nell’isola il 59,49% degli aventi diritto (anche se per il quorum bastava il 34%) è stato chiarissimo: il 97,14% dei sardi ha detto no alla costruzione di centrali e anche all’eventuale stoccaggio di scorie nucleari.

Un risultato che era ampiamente scontato già alla vigilia visto che praticamente il referendum aveva unito quello che la politica solitamente divide. A favore del sì, ossia della chiusura totale della Sardegna al nucleare, c’era in primis il governatore Ugo Cappellaci. Una posizione insolita la sua, considerando che è amico personale di Silvio Berlusconi nonché eletto nelle file del Pdl. Ma Cappellacci aveva chiarito la sua posizione molto prima di questo voto: “Trovo normale che in un grande partito come il nostro sul nucleare ci possano essere posizioni differenti e il rifiuto espresso a così larga maggioranza dal popolo sardo è segno di democrazia. Quella antinucleare è una convinzione che abbiamo da tempo, qui dobbiamo puntare soprattutto sulle energie rinnovabili come il fotovoltaico che negli ultimi anni ha fatto registrare progressi tecnici e scientifici notevoli. E se noi abbiamo una ricchezza naturale, questa è decisamente il sole”.

Ecco quindi che la giunta regionale ha già messo in campo un piano con le prossime mosse per il reperimento di energia. Entro il 2030, come ha spiegato Cappellacci, la regione vuole arrivare ad utilizzare almeno il 40% di energie rinnovabili, il 42% di carbone pulito e il 52% di olio combustibile. Ma quello che la regione ha mandato al resto d’Italia è un messaggio chiaro, in attesa che venga deciso ufficialmente se votare o meno per i referendum sul nucleare il prossimo 12 e 13 giugno. Qui si è formato un comitato per il Sì trasversale ai partiti.

E anche dal governo sembra arrivare un cambio di direzione, come ha confermato il ministro Romani: “Subito dopo l’estate è in programma la conferenza nazionale dell’energia per rivedere la strategia di produzione e immagazzinamento del nostro Paese. Non so se siamo già al post nucleare, ma il governo ha già abrogato la legge che ci consentiva di tornare all’energia atomica”.

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