Energie rinnovabili: rendimenti al 12% attirano i grandi investitori

Continua la caccia dei grandi investitori istituzionali ai rendimenti offerti dalle energie rinnovabili. E l’Italia resta terreno molto fertile per questo tipo di asset class grazie a un quadro normativo favorevole. I vari settori, (eolico, fotovoltaico, solare termodinamico e biomassa) stanno mostrando trend di crescita sostenuti. «I rendimenti per i progetti nell’energia verde sono tra i più alti in Europa.

Questi ultimi attraggono diversi investitori, sia esteri, sia domestici, tra i quali recentemente si sono evidenziati quelli di NextEnergy Capital, T-Solar, Foresight, Enfinity e diversi altri», spiega Francesco d’Avack, senior analyst di New Energy Finance, il maggior data base al mondo di informazioni e ricerche per gli investitori in energia pulita.

NextEnergy Capital, merchant bank londinese con sede a Milano focalizzata sulle energie rinnovabili, ha chiuso un accordo strategico con la Terni Energia, attiva nel fotovoltaico: accordo che punta a creare una piattaforma comune volta a sviluppare impianti per 15 megawatt entro il 2010. E sta aumentando gli investimenti sul territorio italiano anche l’investitore spagnolo T-Solar come pure Foresight, asset manager americano con oltre 25 anni di esperienza nel settore. E l’investitore belga Enfinity ha siglato lo scorso anno un finanziamento in project finance assieme a Interbanca per la realizzazione di un nuovo parco fotovoltaico nella provincia di Foggia.

Il settore fotovoltaico è il più dinamico per le tariffe molto vantaggiose del conto energia e per il favore che riscuote anche a livello locale. I rendimenti sono interessanti: questi ultimi si aggirano in media sul 12-13% di Irr (il rendimento composito annuo) sui capitali investiti (il cosiddetto equity) e in alcuni casi arrivano a toccare anche il 18-20 per cento. Sono quattro, in particolare, le variabili la cui combinazione può influenzare il rendimento dell’investimento fotovoltaico. Il conto energia, cioè la tariffa incentivante grazie ai contributi dello Stato, il costo di costruzione dell’impianto, il financing (cioè il finanziamento fornito dal mondo bancario per la realizzazione dei pannelli) e infine la bontà del progetto in termini di location e qualità dei pannelli.

È il caso di ricordare che, negli ultimi tempi, il costo di costruzione è sceso da circa 6 milioni di euro a megawatt a circa 4 milioni, mentre il finanziamento si aggira attualmente intorno al 70-75% dell’importo totale rispetto al 90% del periodo precedente alla crisi dei subprime. Il settore inoltre resta sotto l’influenza dominante dei cosiddetti developper, gli sviluppatori (il cui rendimento spesso si colloca a 10-15 volte sul capitale investito) che vanno a trattare con le amministrazioni comunali per ottenere le autorizzazioni e che restano una variabile di difficile valutazione sul mercato italiano per gli investitori.

«I rendimenti per gli investimenti in energia solare in Italia sono intorno al 12%, ma con un significativo upside poiché la struttura dei costi sta scendendo velocemente con un calo del 50-60% rispetto all’anno scorso. L’iter amministrativo per ottenere le necessarie licenze è ancora percepito come uno dei principali ostacoli, ancora più degli aspetti finanziari» conferma Francesco d’Avack. «Inoltre le tariffe correnti valgono fino al 31 dicembre – gli fa eco Alberto Bitetto, fondatore di Whysol Investments, società d’investimento attiva in Italia nelle infrastrutture energetiche –. E ora ci si aspetta che vengano riviste verso il basso come è già successo in Spagna e Germania».

Discorso differente per il solare termodinamico: nonostante ci sia una tariffa incentivante, il settore ancora non decolla, anche se esistono segnali positivi sia per la costruzione di centrali sia perché le industrie italiane sono in grado di fornire la tecnologia necessaria.

Meno presidiata da investitori finanziari, soprattutto dopo la crisi finanziaria, è invece l’area dell’eolico, che risulta in crescita ma più matura sia in termini tecnologici sia in termini di diffusione nel mercato. Quelli che c’erano, come il gruppo finanziario australiano Babcock & Brown, che possiede diversi campi eolici in Italia, sono stati travolti dai subprime e ora stanno conoscendo un ridimensionamento dei propri interessi italiani. «In Italia c’è un vento medio-basso a eccezione di regioni come ad esempio la Sardegna. Il rendimento in questo comparto delle rinnovabili, dove il grosso nodo resta quello delle autorizzazioni, si situa intorno al 12-16%, anche perché sotto questa soglia sarebbe difficile giustificare gli investimenti per i rischi sottostanti», continua Bitetto. «I rendimenti italiani – gli fa eco l’analista Eduardo Tabbush, di New Energy Finance – sono tra i più elevati nel mondo. Intorno al 18 per cento. In Italia sono attive le grandi utility, ma anche developper come Greentech e Ivpc». L’eolico è presidiato da investitori industriali come Erg e Falck, oltre che dai portoghesi di Edp.

Discorso simile per le biomasse, un mercato in crescita e che sta favorendo accordi locali per reperire localmente le materie prime attraverso accordi di filiera molto favorevoli per le comunità locali. Tuttavia sono pochi i soggetti finanziari attualmente attivi: «In quest’area operano ancora principalmente industriali come Erg e Falck, anche se ci sono aree interessanti come il biogas che offre rendimenti intorno al 12-18%», afferma Bitetto.

Fonte: Ilsole24ore.com

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