Medicinali liberi, una riforma che non convince

Dai primi di maggio ci sono 230 medicinali in più nella lista di quelli che possono essere venduti liberamente, senza obbligo di ricetta, anche dalle parafarmacie, comprese quelle che ormai si stanno moltiplicando all’interno di ipermercati e supermercati.

Ma secondo le associazioni di consumatori, appoggiate ovviamente dalle categorie interessate, sono ancora pochi.

In pratica basterà, come già peraltro succede oggi, la presenza di un farmacista abilitato per poter commercializzare questi farmaci di fascia C, quindi totalmente a carico dei cittadini, la cui lista è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale a fine aprile. Un elenco nel quale sono peraltro inseriti anche i farmaci di fascia C ad esclusiva vendita nelle farmacie dietro prescrizione medica, ma pure altri 117 che provvisoriamente sono ancora vendibili solo con ricetta, in attesa che su questi si esprima una Commissione dell’Aifa.

Però se pensiamo che in farmacia, e solo lì, restano ben 3.250 farmaci che non sono stati compresi nel decreto ‘Salva Italia’ e altri 1.700 che non possono essere commercializzati senza ricetta medica si comprende bene come la proporzione e l’equilibrio ancora non esistano. Perché va bene poter acquistare liberamente medicine antinfiammatorie, antiallergiche e antivirali, però ne esistono altre che potrebbero essere liberalizzate senza conseguenze, se non un beneficio per le tasche dei consumatori italiani.

Perché la realtà sta sostanzialmente nel mancato calo dei prezzi. Senza la presenza di canali alternativi per il commercio come possono essere la parafarmacie presenti all’interno dei supermercati (solo lo Coop ne ha già 105 in tutta Italia), difficilmente ci sarà un vero risparmio. Così, se da una parte proprio la Coop fa rilevare che una liberalizzazione vera porterebbe ad una riduzione dei prezzi per un valore di 250 milioni complessivi, dall’altra Adiconsum si sottolinea come ancora una volta l’abbia avuta vinta il monopolio delle farmacie italiane.

Insomma, una liberalizzazione più formale che sostanziale in un settore che viene a pesare molto nell’economia delle famiglie. Come  a dire che una riforma vera è ancora lontana dal poter essere approvata.

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