Marcegaglia: «Serve più concorrenza per ringiovanire le nostre imprese»

DAVOS (SVIZZERA) – L’Italia al centro del “World Economic Forum” per una mattinata. E, per una volta, l’effetto della crisi finanziaria non si riflette sul Paese solo in negativo. Sarà la tempesta originata dai Paesi anglofoni fino a poco fa indicati come modelli, ma un po’ a sorpresa l’Italia, settima economia del mondo, non ne esce come la maglia nera di praticamente qualunque classifica. Il problema, nelle parole di Emma Marcegaglia di Confindustria, è piuttosto la «cronica mancanza di meritocrazia» che rallenta la crescita sociale, culturale e economica del Paese.

L’INCONTRO – Come ogni anno a Davos, si è tenuta questa mattina una prima colazione ristretta dedicata all’Italia e soprattutto alla difficoltà che incontrano i più giovani ad affermarsi rapidamente nelle loro carriere. La lista degli invitati riuniva le élite degli affari italiane e non solo: c’erano gli amministratori delegati di Intesa Sanpaolo e Unicredit, Corrado Passera e Alessandro Profumo, il presidente di Telecom Italia Gabriele Galateri, Emma Marcegaglia, Domenico Siniscalco di Morgan Stanley, Mario Moretti Polegato di Geox, James Murdoch che in Italia cinque anni fa ha lanciato Sky e l’amministratore delegato di Gucci Robert Polet. «L’Italia non è un Paese per giovani», era il titolo dell’incontro e Emma Marcegaglia non ha fatto nulla per nascondere il problema: «La cronica mancanza di meritocrazia, lo sbarrare la strada ai giovani ci provoca uno svantaggio competitivo», ha detto. «Il mercato del lavoro milita contro i giovani. Abbiamo bisogno di più concorrenza nella nostra economia, solo questo può ringiovanire le nostre imprese e renderle più aperte al cambiamento».

TONI NON NEGATIVI – Quasi tutti d’accordo con Marcegaglia eppure, a differenza di altre simili discussioni sull’Italia, quest’anno i toni non sono stati solo negativi. Magari è appunto la crisi partita dal sistema finanziario anglosassone, che ha indotto molti a riconsiderare alcuni giudizi. Certo Robert Polet di Gucci è apparso molto più ottimista sull’Italia di molti italiani: «Avete maggiori virtù di quanto non ve ne riconosciate, i vostri ingegneri sono migliori di quelli tedeschi o francesi, perché riescono a essere anche creativi – ha detto Polet –. Il gusto, la capacità di lavoro nei distretti industriali, l’attenzione ai dettagli e costi nel complesso bassi conveniente produrre in Italia». Piuttosto, il problema per Polet è la lentezza con la quale i giovani si emancipano dalle famiglie. D’accordo con Polet James Murdoch, figlio del fondatore di NewsCorp e azionista di controllo di Sky Italia. «Siamo partiti cinque anni fa e con noi è cresciuta una generazione di professionisti giovani di primo livello. Alcuni ora lavorano in Germania per Première». Ma Murdoch lamenta la rigidità del mercato del lavoro, che secondo lui rallenta la selezione dei migliori nei posti di responsabilità.

OSTACOLI – Altro problema, gli ostacoli agli investimenti esteri «create dall’establishment a livello imprenditoriale e dei regolatori». Eppure, si è lamentato Murdoch, «in Italia abbiamo creato diecimila posti». Per Alessandro Profumo, una grave difficoltà nella selezione di nuovi ceti dirigenti è la riluttanza dei più anziani a farsi da parte. «Anche per questo lascerò a 60 anni anche se – ha scherzato Profumo – potrei finire per farlo prima». Con un’aspettativa di vita oltre gli 80 anni, Profumo ha notato che è difficile chiedere di rinunciare al posto a chi ha raggiunto una posizione da dirigente intorno ai 55. Corrado Passera, quanto a questo, ha ricordato la sua esperienza alle Poste: «Se in Italia abbiamo riformato le Poste – ha detto – possiamo riformare in nome della meritocrazia qualunque cosa».

 

Fonte: www.corriere.it

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