Dubai affonda le Borse male Tokyo, giù le europee

Crollano Tokyo e Hong Kong, aprono in brutto calo le Borse europee: l’effetto Dubai continua a pesare sui mercati. Con Wall Street chiusa per festività fino a lunedi la Borsa di Tokio ha chiuso le contrattazioni in pesante ribasso, meno 3,22%, trascinata al ribasso dalla crisi del Dubai World e dal continuo rafforzamento dello yen rispetto al dollaro che in apertura di contrattazioni è sceso sotto quota 85, un livello che non toccava dal 1995. Peggio ha fatto Hong Kong che ha perso oltre il 4%.

Ma è in Europa, per il secondo giorno consecutivo, che il timore per l’esplosione della bolla immobiliare nell’emirato, continua a produrre danni. A Francoforte il Dax perde l’1,64%, a Parigi il Cac40 l’1,76% e il Ftse 100 di Londra è in calo dell’1,58%. Avvio in deciso calo anche a Piazza Affari: -2,34%.

Per il sistema finanziario italiano, nessun problema: lo assicura il direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni: “L’esposizione è molto contenuta, non c’è alcuna preoccupazione”.

Gli investitori di tutto il mondo sono preoccupati soprattutto per la mancanza di informazioni sul reale stato della crisi di Dubai World, la società controllata dal governo del Dubai oberata da 59 miliardi di dollari di debiti e che mercoledi sera ha chiesto un congelamente del pagamento degli interessi.

Il problema è che fino a domenica nel Medio Oriente si osserva la festività religiosa di Eid al-Adha e dunque sarà difficile conoscere i dettagli della ristrutturazione del debito. La dichiarazione rilasciata ieri sera dallo sceicco al-Maktoum non è servita a rasserenare gli animi. Una conference call con gli investitori si è interrotta bruscamente per un sovraccarico delle linee telefoniche, innervosendo ancora di più gli operatori. E così oggi sui mercati europei è facile prevedere un’altra ondata di vendite innescata proprio dall’incertezza sulla situazione finanziaria del Dubai il cui settore immobiliare si è gonfiato a dismisura per poi scoppiare all’inizio di quest’anno.

In particolare gli investitori internazionali vorrebbero sapere se lo “standstill” (congelamento del pagamento del debito) è un’opzione offerta ai creditori o un’imposizione per gli stessi. Nel secondo caso, secondo le agenzie di rating, saremmo di fronte a un vero e proprio default del debito del paese che potrebbe avere conseguenze nefaste per la credibilità degli Emirati arabi e per i mercati nel loro complesso.
Il secondo punto che inquieta la comunità finanziaria riguarda lo stato dei rapporti tra Dubai e Abu Dhabi, l’emirato confinante ricco di petrolio che in passato ha fornito le risorse finanziarie necessarie a garantire i prestiti del Dubai.

Qualcuno sospetta che la dichiarazione choc che annunciava lo standstill sia stata in qualche modo provocata dalle autorità di Abu Dhabi dopo che alcune banche appartenenti a questo emirato hanno concesso solo 5 miliardi di dollari di prestiti, la metà dei 10 previsti dal piano di salvataggio messo a punto a inizio anno in seguito al crollo dei prezzi degli immobili.

L’unico fatto certo sembra essere l’incarico affidato dal governo del Dubai alla Deloitte LLP per la ristrutturazione del debito, incarico che comunque non avrebbe provocato le dimissioni del management team della Dubai World guidato dal sultano Ahmed bin Sulayem, da tempo considerato il braccio destro dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum.

Fonte: Repubblica.it

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