Scudo fiscale: investimenti all’estero, regolarizzazione in loco e rimpatrio

I contribuenti sono tenuti ad indicare nel modulo RW della dichiarazione dei redditi non soltanto le attività estere di natura finanziaria ma anche gli investimenti all’estero di altra natura, ”indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia”. Lo precisa la circolare dell’Agenzia delle Entrate che fornisce i primi chiarimenti sulle modalità di adesione allo scudo fiscale, sottolineando che ”dovranno essere sempre indicati anche gli immobili tenuti a disposizione, gli yacht, gli oggetti preziosi e le opere d’arte anche se non produttivi di redditi”.

POSSIBILE REGOLARIZZARE IN LOCO CON 36 PAESI ‘COLLABORATIVI’ – Nella circolare, si precisa inoltre che sono 36 i Paesi dove è possibile ricorrere allo scudo fiscale per regolarizzare i soldi detenuti illegalmente all’estero lasciandoli in loco, mentre per le somme detenute in Paesi con i quali non vi è un effettivo scambio di informazioni è necessario procedere al rimpatrio in Italia. Tra i paesi per i quali è obbligatorio il rimpatrio vi sono Svizzera, Montecarlo, Liechtenstein.

I 36 Paesi ‘collaborativi’ per i quali invece è possibili effettuare la regolarizzazione in loco dei capitali illegalmente detenuti all’estero sono indicati in un allegato alla circolare. Si tratta di Australia, Giappone, Polonia, Austria, Grecia, Portogallo, Belgio, Irlanda, Regno Unito, Bulgaria, Islanda, Repubblica Ceca, Canada, Lettonia, Romania, Cipro, Lituania, Slovacchia, Corea del Sud, Lussemburgo, Slovenia, Danimarca, Malta, Spagna, Estonia, Messico, Stati Uniti, Finlandia, Norvegia, Svezia, Francia, Nuova Zelanda, Turchia, Germania, Paesi Bassi e Ungheria.

NO A INVERSIONE ONERE PROVA – Lo scudo mette al riparo dall’inversione dell’onere della prova in base alla quale il contribuente deve dimostrare che le attività detenute all’estero in violazione degli obblighi di monitoraggio non sono frutto di evasione fiscale. Inoltre, l’emersione è ammessa anche nel caso in cui le attività siano detenute all’estero per il tramite di trust. Possibilità di accedere allo scudo anche per le Cfc (Controlled Foreign Company, vale a dire le imprese estere controllate o collegate), con i relativi effetti che si producono in capo al socio persona fisica che ne detiene il controllo.

Fonte: Adnkronos.com

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