Riforma del Lavoro: Lavoratori Italiani più vecchi d’ Europa

Pensionati e lavoratori dovranno oramai fare i conti con la tanto temuta Manovra Monti e l’annessa odiata riforma sulle pensioni. Un argomento spinoso e complesso che ancora non sembra essere giunto ad una risoluzione chiara e comprensibile vista la battaglia condotta dai Sindacati che, a quanto pare, non vogliono cedere ancora.

Un dettaglio, che però poi tanto dettaglio non è, resta comunque certo, a seguito del varo dell’emendamento in questione, i lavoratori diventeranno automaticamente i più vecchi d’Europa

A renderlo noto, la Commissione Ue che nelle ultime ore ha pubblicato alcuni dati in cui poteva essere chiaramente ravvisato il balzo all’indietro che i lavoratori italiani stanno per fare. Grazie alla riforma infatti i lavoratori usciranno dal mondo del lavoro sempre più tardi, aumentando impressionatamene l’anzianità lavorativa italiana.

Dai calcoli effettuati dalla Commissione Europea è emerso che nel 20120 gli italiani andranno in pensione -mediamente- a 66 anni e 11 mesi, contro i 65 anni e 9 mesi della Germania e i 66 della Danimarca. Volendo ragionare, invece a lungo termine, nel 2060 gli italiani andranno in pensione a 70 anni, contro i 68 del Regno Unito, i 67 della Germania, i 68 dell’Irlanda.

Oltre il danno la beffa, inoltre, difatti non bastava l’aumento degli anni lavorativi a rendere difficoltosa la sopravvivenza dei futuri pensionati, ma bensì si aggiungono anche i tassi di sostituzione (ovvero la differenza che intercorre tra la pensione e il reddito da lavoro precedente) i quali verranno ridotti del 15% in un lasso di tempo compreso tra il 2008 e il 2048 ( a seguito del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo).

Con non poche preoccupazioni infatti la Commissione ha consigliato all’Italia di attuare strategie globali per adeguare i regimi pensionistici all’andamento della contingenza economica e demografica. Si sottolinea così ancora una volta l’urgenza di una riforma del lavoro univoca, capace di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo del lavoro senza intaccare però i lavoratori italiani.

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