Pensioni, ecco chi può andarci prima

Gli effetti veri della riforma Fornero, entrata in vigore nel gennaio scorso, per le pensioni si stanno facendo sentire, soprattutto quelli legati all’innalzamento dell’età pensionabile per tutti. Esistono però particolari categorie che possono comunque lasciare il lavoro prima del termine stabilito senza rimetterci.

Si tratta in specifico di circa 65 mila persone che possono dimostrare un periodo lavorativo in modo discontinuo, come ad esempio servizi domestici e familiari, o ancora i dipendenti di attività agricole o nel mondo dello spettacolo. Per aderire a questa forma di pensione bisogna adottare la

totalizzazione, ossia una procedura che permette di calcolare e di rimettere assieme in un unico fondo dell’Inps tutti contributi versati nel corso della carriera. Succede perché questi lavoratori, che hanno pagato i contributi a diversi fondi o enti previdenziali, ora possono appunto rimettere assieme l’intera contribuzione e maturare un unico assegno pensionistico dall’Inps.

Chi effettua questa scelta matura il diritto alla pensione di vecchiaia a 65 anni e 3 mesi e non a 66, come prevede la riforma Fornero, sempre che abbia alle spalle almeno 20 anni di contributi. Oppure sarà possibile ritirarsi con il requisito di anzianità di 40 anni e 3 mesi di carriera, indipendentemente dall’anagrafe tanto che chi abbia iniziato a lavorare molto presto può ritirarsi anche prima di aver compiuto 60 anni.

Ma tutto comunque dovranno sottostare al sistema delle cosiddette ‘finestre’ introdotto dalla riforma Sacconi. Quindi dopo aver maturato il diritto alla pensione il lavoratore dovrà trattenersi al lavoro ancora e attendere un periodo di 18 mesi prima di ritirarsi che però si riducono a 12 mesi per alcune categorie di lavori usuranti. Quindi chi ha 40 anni e 3 mesi di carriera, può mettersi a riposo dopo aver superato la soglia di 41 anni e 9 mesi.

In ogni caso chi sceglie la totalizzazione avrà la pensione calcolata interamente con il metodo contributivo, quindi l’assegno dipenderà soltanto dalla quantità dei contributi versati e non, come avviene per i lavoratori assunti prima del 1996, con il più vantaggioso sistema retributivo. Applicando il metodo contributivo l’assegno maturato potrebbe ridursi anche del 50% e quindi alla fine rivelarsi anche poco conveniente.

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