Italia: stipendi bassi e cuneo fiscale elevato, lo dice l’Ocse

Salari bassi e cuneo fiscale elevato. E così l’Italia resta sempre tra le nazioni peggiori in Europa per quello che riguarda la media degli stipendi erogati nel 2010, come confermano gli ultimi dati diffusi dall’Ocse e che analizzano l’andamento dei salari, ma soprattutto il loro peso reale sull’economia di tutti i Paesi mondiali con il nostro che occupa solo posizione di rincalzo.

In particolare il nuovo rapporto dell’Organizzazione Economica mondiale ha fatto rilevare come lo stipendio medio netto di un lavoratore italiano single e senza figli a carico sia pari a 25.155 dollari, ben al di sotto della media europea che si è fermata a 26.436 ma nelle nazioni più economicamente evolute sale a 30.089 dollari. Cifre che collocano l’Italia al 22° posto nel nostro continente, un gradino in più rispetto alla Grecia che ci precedeva nel 2009, ma comunque soltanto al 22° posto in Europa.

Lo stipendio lordo invece è pari a 35.847, cifra che è appena sopra alla media Ocse (35.576) ma ancora nettamente inferiore a quella relativa alla sola Europa che è pari a 42.755 dollari. E quando arriva il capitolo tasse cominciano i dolori: il cuneo fiscale, ossia la differenza tra quanto ricevuto effettivamente dal lavoratore dipendente e quello che viene pagato dal datore, è salito dal 46,5 al 46,9% che per l’Italia significa quinto posto in Europa.

L’Italia si piazza davanti all’Ungheria (46,4%) ed è preceduta da Belgio (55,4%), Francia (49,3%), Germania (49,1%) e Austria (47,9%) mentre la media Ocse è pari al 34,9%. Se vengono analizzati i dati relativi ad un lavoratore dipendente sposato e con due figli l’Italia con il 37,2% di cuneo sale sul gradino più basso del podio europeo dietro soltanto a Belgio (39,6%) e Francia (42,1%) mentre la media Ocse è appena del 24,8%.

Tutte cifre difficili da digerire, anche se qualche segnale positivo emerge. La pressione fiscale sugli italiani dal 2000 ad oggi è comunque scesa di almeno un paio di punti percentuale e questo vale soprattutto in quei nuclei familiari nei quali siano entrambi a lavorare con un calo dal 44 al 42,1%.

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