L’incontro di ieri sera a Montecitorio tra Pierluigi Bersani e Silvio Berlusconi sarebbe stato cordiale ed è durato circa un’ora. I due si sono visti per la prima volta dalle elezioni di febbraio e al vertice ha partecipato anche il vice-presidente del PD, Enrico Letta, che uscendo dalla Camera dei Deputati ha auspicato che il 18 aprile si possa trovare sin da subito un nome condiviso per il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale. Già, perché due sono stati i temi trattati da Bersani e Berlusconi: il metodo per eleggere il nuovo capo dello stato e il governo. Sul primo, il segretario del PD avrebbe portato una rosa di nomi per il Colle di personalità del centro-sinistra, ma non sgradite al centro-destra. Quest’ultimo continua a reclamare un proprio uomo, dopo diverse elezioni di uomini di sinistra. Alla fine potrebbe arrivare il placet verso un nome non propriamente del centro-destra, ma che ad esso non sia ostile. Quindi, i vari Prodi e Boldrini sarebbero fuori gioco.
Diverso, invece, lo scenario sul governo. Bersani non avrebbe aperto all’ipotesi di un esecutivo PD-PDL e questo lascerebbe il Paese nello stallo istituzionale e politico ancora per settimane, il tempo di eleggere il nuovo capo dello stato e di verificarne le mosse.
Appare probabile, tuttavia, che in assenza di un’intesa tra PD e PDL, nasca solo un esecutivo del presidente, ossia di nomina del nuovo inquilino del Quirinale, che duri il tempo di approvare qualche riforma, su cui Berlusconi avrebbe garantito l’assenso (taglio province, riduzione numero parlamentari, abolizione finanziamento partiti, etc.). Ma anche quest’ultimo scenario sembra improbabile, tanto che il nuovo governo potrebbe limitarsi a riportare l’Italia alle urne già a giugno.
Un’idea che non dispiacerebbe a Bersani, che eliminerebbe temporaneamente il pericolo Renzi, e a Berlusconi, dato in vantaggio nei sondaggi, dopo avere sfiorato già la vittoria a febbraio.
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