Galli, Confindustria: rialzo dei tassi d’interesse rende più costoso il credito alle imprese

Giampaolo Galli, direttore generale di Confindustria, ha dichiarato che “è evidente che un rialzo dei tassi di interesse rende più restrittivo o più costoso il credito alle imprese; in un contesto normale una stretta motivata da un aumento dell’inflazione dovrebbe lasciare inalterato il costo del credito in termini reali”.

“In questo caso però” – ha precisato Galli – “gli aumenti dell’inflazione derivano dal rincaro delle materie prime che schiacciano i margini per le imprese e quindi il rialzo dei tassi e quello dell’inflazione non si compensano, ma rappresentano piuttosto due distinti fattori di aumento dei costi”.

Galli ha poi affermato che le Pmi “sul piano congiunturale soffrono per la continua e progressiva restrizione dei criteri di erogazione del credito: ciò emerge chiaramente dall’indagine trimestrale della Banca d’Italia presso le banche; a fronte di un aumento della percezione del rischio, le banche dichiarano che aumentano gli spread, in particolare sui prestiti più rischiosi, chiedono più garanzie, accorciano le scadenze“.

Secondo il direttore generale di Confindustria, “le imprese devono essere trasparenti nei confronti degli intermediari, devono saper comunicare le proprie potenzialità di crescita e i piani operativi messi in atto per il raggiungimento dei loro obiettivi di sviluppo e al tempo stesso devono migliorare la loro struttura finanziaria: questo richiede scelte difficili di rafforzamento patrimoniale e di riequilibrio delle fonti di finanziamento“.

In merito alle novità di Basilea 3, Galli ha infine sottolineato che bisogna “scongiurare un’ipotesi che è circolata nei giorni scorsi, a fronte delle difficoltà di molte banche ad adeguarsi ai nuovi standard, anche in vista degli stress test: quella di un ingresso dello Stato, o di enti pubblici, nel capitale delle banche”: infatti “l’intervento pubblico è giustificato come misura temporanea in condizioni di emergenza” e “costituirebbe un passo indietro preoccupante nel nostro sistema economico se fosse concepito come misura strutturale“, poichè “il rischio è che la politica entri nelle banche”.

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